Sun strac (a spasso sul sentiero #1 dell’Adamello)

Fantastica (e anche faticosa) cavalcata sull’Adamello bresciano, di valle in valle, scavalcando creste e passi. Nonostante il meteo avverso di 3 giorni su 5, la montagna ci ha accolto con le sue meraviglie, sconfiggendo i demoni che con l’incertezza e l’ignoto tentavano alcuni di noi. Il fascino misterioso e potente della montagna, che abbiamo assaporato così intensamente in quei giorni, riempie ancora il nostro cuore e ci resterà a lungo.

Lasciata l’auto a Malga Caldea (il punto di arrivo nei pressi di Temù), rientrati a Cedegolo e caricati gli altri che avevano pazientemente atteso in pasticceria (poveri!), raggiungiamo Malga Lincino in cima alla Val di Saviore. Finalmente in marcia.

Subito la via si impenna e gli altri là davanti mi distanziano. Poco male, sarà spesso così nei giorni seguenti, ma devo arrivare alla fine tutto intero. Sbuchiamo finalmente all’imbocco della Valle Adamé con il Rif. Lissone, mentre nuvoloni fitti e neri non lasciano presagire nulla di buono.

Percorriamo la valle in leggera salita e la leggera pioggerella diventa presto un diluvio. La sosta alla Baita Adamé, anche se riscaldata da un tè e da una minestra bollente, non rasserena, perché la strada è ancora lunga e la pioggia continua incessante.

Ripartire richiede un certo sforzo. La salita, ripida, prima sull’erba e poi sui sassi, ci porta alle roccette con gradini e catene. Poi i massi granitici su cui saltare con attenzione.

Dal Passo Poia, tra le nubi nel cielo nero, si intravedono appena lingue di ghiaccio. Chissà cosa c’è lassù! Non c’è tempo per fermarsi. Lunga, interminabile discesa su sfasciumi e grandi massi.

La pioggia rallenta e infine cessa, ma ormai ci siamo quasi, anche se il rifugio Prudenzini ancora non si vede, coperto da una spalla. Appare (finalmente!) solo una ventina di minuti prima di raggiungerlo, fradici.

Appena il tempo di lavarci e cambiarci e siamo a tavola per la cena. Armando e Filippo, che si riveleranno i nostri campioni, sono già lì da un’ora almeno. Per non parlare poi di Miriam, Stefania e Morena, le TreQueen partite presto, che Maurizio, nonostante avesse corso tutto il giorno, non è riuscito a raggiungere e che si sono perfino annoiate nell’attesa del gruppo.

A colazione non c’è grande entusiasmo: non piove, ma il cielo grigio non è che ti apre il cuore. E poi le previsioni danno di nuovo brutto da mezzogiorno. Oggi il programma prevede la salita al Bivacco Gianantoni, da cui potremo ammirare il Pian di Neve, uno dei ghiacciai più grandi delle Alpi. Comunque ci incamminiamo in ordine sparso, mentre qualcuno resta in branda. Attraversiamo il torrentello in piena su un ponticello che appare posticcio, risaliamo la valle, curiosiamo dentro il rudere dell’antico rifugio Salarno (del 1881) le cui grandi pietre a secco non appaiono più così solide.

Risalita la morena, comincia la danza sui massi di granito. Prendendo quota possiamo vedere i laghi in basso nella valle. Il vento sposta le nubi e appare qualche squarcio di azzurro nel cielo. Deboli raggi di sole si infilano tra le nubi che, a monte, si infittiscono e diventano sempre più nere.

Siamo intorno ai 3000 m, stimiamo che manchi ancora più di un’ora alla meta e la fine della tregua meteo si avvicina: un’altra doccia? Anche no! Breve consiglio e decidiamo di rientrare. Anche Nicole che era già salita un po’ più su, rientra. Filippo e Armando, più veloci sono probabilmente già arrivati. Confidiamo nelle loro fotografie!

La discesa sui massi è al solito lenta e faticosa. Ai margini del vallone, incrociamo un bel branco di stambecchi.  La pioggia, che ha ripreso a cadere decisa, ci accompagna nell’ultima mezz’ora di rientro al Prudenzini. Ciò nonostante, Michela e Giovanna si attardano con le loro esplorazioni botaniche. Apprendiamo che Giuliana, a causa del mal di schiena è scesa a valle.

Lungo pomeriggio in rifugio con pioggia battente: la proposta di uscire a vedere i laghi poco sotto il rifugio cade nel disinteresse generale. Le previsioni sono brutte anche per domani, così che la lunga traversata fino al Tonolini sarà ancora più impegnativa.

Oggi tappa lunga. Partiamo un po’ più presto. Cisco, ancora dolorante per la botta del primo giorno, resta qui e Nicole con lui. Scenderanno a Cedegolo lunedì dove ci rincontreremo. Gionata fredda, ma almeno non piove. La via è subito ripida e ormai sappiamo com’è: prima un solco a salti scivolosi nell’erba, poi sassi e roccette, gradini e catene non mancano, con l’immancabile danza sui massi. Le nubi corrono e coprono le creste che dobbiamo immaginare.

Al passo Miller non ci si può neanche fermare, tanto è stretto e scomodo.

Il canale al di là, ripidissimo, in parte attrezzato, ci porta ai piedi di gigantesche placche lisce (chissà se qualcuno le tenta in aderenza) e poi su una sterminata distesa di sfasciumi attraverso i quali cercare la strada. Poco sotto si comincia a vedere il rif. Gnutti col suo lago e, lontanissima, la conca del Baitone, dove dovremo arrivare. Confesso che alla prima vista ebbi un attimo di sconforto, presto superato considerando che la giornata era ancora lunga. Il sole, che stava illuminando la lunghissima cresta di Cima Plem, Corno di Cristallo e Corno del Lago, ci regalava finalmente un po’ di Adamello come ce lo aspettavamo!

Si scende, si scende e sembra di non arrivare mai. Ma poi eccoci al torrente e subito dopo al Gnutti. Tutti dentro a mangiare qualcosa, mentre fuori il tempo peggiora e grandi nubi nere si addensano. Ho l’impressione che anche oggi…. Non fa nulla, ormai sono fatalista incallito, disposto a tutto.

Qui purtroppo Giancarlo deve rinunciare: il suo ginocchio, reduce da un’operazione, si ribella e lo obbliga allo stop. Ripartiamo divisi in due gruppetti e scendiamo verso l’uscita della valle. Le nubi ci permettono di intravedere laggiù, 500 m più in basso, Malga Premassone e dietro le spalle la ripidissima Scala del MillerNon siamo ancora arrivati al Passo del Gatto che di nuovo dobbiamo tirar fuori mantelle, giacche e coprizaini. Che novità!

Al rifugio Baitone ormai piove a dirotto. Qualcuno preferisce fermarsi in attesa che la pioggia rallenti, io invece proseguo. Ancora una volta sono vittima della frenesia di arrivare. In fondo non manca molto. Procedo lento per non scivolare, Michela e Giovanna mi lasciano indietro, sono solo, la mantella svolazza, nei passi più ripidi rischio di inciampare, ma ricordo questo tratto di percorso con piacere: mi sentivo bene, la pioggia non era un fastidio, la meta vicina mi lasciava tranquillo. La parola che oggi mi viene da dire è: bello!  Strano? Forse sì. Però le vie delle emozioni sono a volte imperscrutabili.

Finalmente, in cima alle roccette, ecco il rifugio Tonolini, celato dalla nebbia fino all’ultimo. Stupenda l’accoglienza del gestore: “dammi la mantella (grondava acqua) e la roba bagnata, che la porto giù ad asciugare; il resto lo metti li accanto alla stufa”. Grande! Una bella doccia calda, una cena squisita concludono una giornata comunque bellissima, che lo scalcagnato coretto, improvvisato dopo cena, chiude degnamente. Non ci spaventa neppure la neve che la sera già cade sulle cime attorno a noi. Siamo sereni: se non riusciremo a traversare il temibile Passo di Premassone, scenderemo da qui.

Finalmente ci svegliamo in una bella mattina di sole. Fa Freddo, la conca del rifugio è ancora in ombra, ma il cielo è blu, il sole illumina le creste, imbiancate da una spolverata di neve. Pochi centimetri, ma sufficienti a trasformare il paesaggio in qualcosa di magico. Ce la prendiamo comoda, aspettando che il sole faccia il suo lavoro, pulendoci almeno un po’ la via di salita. Vediamo un gruppo che sale lento, saranno diretti ai Laghi Gelati. C’è la ragazza in pantaloncini corti, felpina e scarpette da runner che parte presto per il Garibaldi; ma non ha freddo?

I primi a muovere sono Maurizio e le sue TreQueen. La bella giornata, finalmente, alleggerisce il cuore, al punto che Maurizio dimentica perfino lo zaino! Poi partono anche gli altri. Costeggiamo il Lago Rotondo, poi i grandi massi, arriviamo alla neve, solo una spolverata che non dà fastidio, il Lago Bianco là dietro, breve sosta al Lago Premassone, le grandi rocce lisce e finalmente il Passo Premassone.

Ed ecco sua maestà, che ci spalanca la sua imponente parete Ovest, appena imbiancata, con la corona di creste che si estendono senza fine in ogni direzione. Giorni e giorni di acqua, nubi e grigio per arrivare qui, ma che meraviglia! Che regalo! Che spettacolo!

Dopo le foto di rito, gli altri preferiscono scendere subito al riparo. Io invece mi siedo e mangio lentamente. Riposo, ovviamente. Ma mi sembra di respirare, mangiare, bere tanta bellezza. Non ho parole per esprimere quello che sento, ma non importa: mi basta gustare in silenzio questo posto meraviglioso!

Purtroppo devo muovermi, ancora ce n’è di strada. Scendo sulle roccette e le piccole cenge che tanto avevano spaventato i meno informati. E’ in ombra, ma la poca neve rimasta, anche grazie alle catene e ai cavi, non crea problemi. La discesa, al solito lunga e faticosa é senza storia. L’ultimo tratto sull’erba (giù diritto) non sembra neanche un sentiero. La passeggiata sulla diga del lago Pantano. L’ambiente surreale dei resti degli imponenti lavori idroelettrici sull’altro versante.

Risaliamo e subito un trasparentissimo torrentello invita ad un pediluvio nelle sue gelide acque. Poi la salita prosegue tranquilla fino al ripidissimo canale che porta alla Bocchetta di Pantano, nota anche come Passo del Lunedì, perché percorso dagli operai che, in un senso o nell’altro, all’alba rientravano al proprio cantiere dopo aver trascorso la domenica nella valle accanto. Anche la discesa è impegnativa, ripido e franoso il primo tratto. Traversati i soliti grandi massi granitici, passiamo accanto a quel che resta della Vedretta del Venerocolo, valichiamo l’ultimo dosso e siamo sulla diga del Lago Venerocolo. La percorro lentamente con il suo angolo a 90° e il rifugio Garibaldi che mi aspetta lì avanti. Sui canali sotto la diga e sui muraglioni i camosci leccano il sale. Il sole calante dipinge il lago e le creste nell’ennesimo quadro meraviglioso: il cuore canta leggero per la meta raggiunta e la fine della fatica.

Domani scendiamo e sarà davvero solo una passeggiata.

23-27 agosto 2108 da Malga Lincino in Val Saviore a Malga Caldea in Val d’Avio

Gabriele con Filippo, Raffaele, Sergio, Cisco, Giancarlo, Armando, Maurizio, Raffaella, Michela, Giuliana, Giovanna, Miriam, Morena, Stefania, Nicole.

Grazie a tutti i compagni che mi hanno regalato questa meravigliosa esperienza.  Un grazie speciale ai nuovi amici e soprattutto alle ragazze che hanno tirato il gruppo!

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